L’integrità come chiave per il (Personal) Brand


Prendo spunto da un post di Eric Qualman (Socialnomics)  per una riflessione sul personal branding e su come alla base di tutto debba esserci una forte integrità della persona.

Nel post viene citata una definizione molto bella di cosa sia l’integrità:

<< Integrity is what you do when no one is watching >>

L’attenzione deve essere rivolta a un livello più profondo rispetto a quello dell’immagine, perchè se è sempre vero che l’abito non fa il monaco è altrettanto vero che scoprirci quando svestiamo quell’abito diventa ogni giorno più facile.

Da non confondere con la reputazione, sono due cose diverse; la reputazione è il risultato diretto della propria integrità, diretto perché sarà in base a quest’ultima che le persone si faranno un’idea (o modificheranno quella che si sono fatti in precedenza) su di noi. E’ quindi la percezione pubblica della nostra integrità morale, valoriale, nei comportamenti, nell’essere.

La nostra impronta digitale è pregna della nostra integrità; i commenti, le foto, i video, i like, tutto parla di noi e delinea nel tempo la nostra personale storia. Che per quanto possiamo “gestire” impostando i livelli di privacy di facebook resta pur sempre in rete, e si sa che Internet non dimentica.

Un’integrità che personalmente voglio definire spirituale, fortemente rappresentativa di ciò che siamo attraverso cosa facciamo, dove andiamo, con chi ci relazioniamo; un’integrità come contenitore del nostro essere.

E questo concetto non appartiene solo alle persone ma anche alle aziende, le prime che devono fare i conti con le incoerenze tra l’immagine che vogliono comunicare del proprio brand e i loro “dietro le quinte”, sempre più accessibili e alla portata di chiunque.

Mi domando quindi se non sarebbe il caso che le aziende si impegnassero nel fare anche cultura di integrità verso i propri dipendenti, dal management in giù, proprio perché le aziende agli occhi delle persone sono fatte sempre più delle persone che le abitano e sempre meno delle pubblicità che diffondono. I risvolti positivi potrebbero essere sorprendenti.

La reputazione, di una persona o di una azienda, corrisponderà sempre di più con l’integrità del soggetto.
Una integrità che non si misura in livelli: o ce l’hai o non ce l’hai.

Filippo Giotto, classe 1978, appassionato di digitale e nostalgico dell'analogico, nella mia Bio di Twitter mi descrivo così: Digital Thinker, Analogical Maker. Cresciuto a Ringo e Vic20, senza pallone né merendine. Sognatore e appassionato, amante di mare, vento, vela e bicilindrici a V.

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