Innovare e Impollinare: l’eredità di Steve Jobs

Finisco ora di leggere la biografia di Steve Jobs “Steve Jobs – L’uomo che ha inventato il futuro” sciritta da Jay Elliot e Simon L. William (quella uscita a marzo, non quella ufficiale/autorizzata appena pubblicata).

Ciò che mi rimane più impresso, al di là della vita di questo uomo eccezionale con i suoi successi ma anche (importanti) fallimenti, sono due parole: Innovazione e Impollinazione.

La prima la  conosciamo tutti, ne sentiamo parlare anche se troppo spesso inserita in soli contesti tecnologici, quando invece innovare significa in modo molto più ampio “alterare l’ordine delle cose stabilite per fare cose nuove“.

La seconda è invece parola assai più rara (se non parlando di fiori, api e affini) che qui assume un significato fondamentale e strettamente legato al successo nell’innovazione.

Impollinare significa spargere il seme della passione (nell’innovazione), contagiare chi ci sta intorno, in maniera indiscriminata e incondizionata. Solo così si possono raggiungere quei livelli di eccellenza nell’innovazione frutto di grande passione, sincerità (nei confronti nostri e del nostro lavoro e prodotto), capacità di vedere oltre ciò che oggi è possibile.

Nelle parole di Tim Cook, successore di Steve Jobs e attuale CEO di Apple, si trova l’essenza di ciò:

[riferendosi a Apple] crediamo nella collaborazione profonda e nell’impollinazione incrociata dei nostri gruppi, che ci permettono di innovare come nessun altro.

Niente di più vero, e la prova l’abbiamo sotto il naso tutti i giorni, ogni volta che posiamo gli occhi su un prodotto Apple.

Da qui possono partire molte riflessioni, e viene davvero facile pensare alle nostre aziende (generalizziamo perché esistono le eccezioni) che investono sì sull’Innovazione ma dove non c’è traccia di Impollinazione. Chiediamoci però se invece non dovremmo essere noi singoli individui i primi a muovere e promuovere quest’opera di impollinazione, educazione (o evangelizzazione) e seminar passione nelle persone che ci circondano.

Per finire, libro consigliatissimo. Si trova qui.

Filippo Giotto, classe 1978, appassionato di digitale e nostalgico dell'analogico, nella mia Bio di Twitter mi descrivo così: Digital Thinker, Analogical Maker. Cresciuto a Ringo e Vic20, senza pallone né merendine. Sognatore e appassionato, amante di mare, vento, vela e bicilindrici a V.

un commento

  • […] Un’azienda che decide di aprirsi sui Social Media ha davvero bisogno a mio parere di una figura di questo calibro tra i suoi ranghi; una persona che svolga la duplice funzione di SMM e di evangelizzatore interno, che riesca a educare i suoi interlocutori a un nuovo modo di rapportarsi con il pubblico online (le persone), che sappia operare anche una importante azione di impollinazione. […]

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