La Netiquette non vi salverà: servono vere Social Media Policy e nuovi processi interni

Social Media Policy e Netiquette

Parlando con alcuni amici che come me si occupano di social cosi riflettevo su come vi sia una tendenza comune lato committente (colui che ci sta domandando di attivare una presenza del brand sui social media) a ignorare tutta una serie di prerequisiti fondamentali prima di procedere con l’apertura di una fanpage o di un account twitter. Peggio ancora, chi si occupa di dare seguito a queste richieste non sempre considera che l’attivazione di una property comporta la necessità di definire policy e processi strutturati di escalation e gestione del rischio a livello aziendale.

Partire con il piede giusto non è un optional, qui (sui social) i nodi vengono al pettine in fretta: quando si genera un flame nella tua fanpage, quando il SMM non riesce a ottenere risposte in tempi rapidi da altri dipartimenti aziendali, quando un dipendente fa una bravata e crea un danno reputazionale.

E’ chiaro allora che la sola Netiquette serve a poco; cominciamo quindi a chiamare le cose con il proprio nome:

NETIQUETTE: le regole della casa, fa leva sul buon senso e l’educazione delle persone, giustifica l’attività di monitoraggio e moderazione delle conversazioni che si svolgono negli ambienti digitali attivati dal brand. Niente di più, niente di meno.
POLICY: regolamento unilaterale che disciplina l’utilizzo degli strumenti e i comportamenti di dipendenti e collaboratori. Questa è legge, con relativo impianto sanzionatorio.
PROCESSI: di moderazione e di escalation, sono i “cosa fare se” che coinvolgono altri dipartimenti aziendali come legal, customer service, marketing, compliance, etc.

La buona notizia in tutto questo è che probabilmente esistono già policy che necessitano solo un’integrazione che comprenda i nuovi media digitali, così facendo non sarà difficile creare punti di collegamento anche con processi già esistenti. Per esempio un reclamo o una richiesta di caring ricevuti attraverso twitter possono essere instradati verso percorsi già definiti, ciò che occorre è solamente definire nuovi punti di attivazione di tali processi.

Più importante invece coinvolgere (se presente) chi si occupa di risk management per una valutazione dei rischi connessi all’attivazione di properties sui social e la condivisione di processi volti alla mitigazione del rischio, anche attraverso l’adozione di tecnologie e servizi dedicati.

Non ultimo, è altrettanto fondamentale aggiornare le Social Media Policy nel tempo. Per esempio, già oggi riterrei opportuno evolverla in una Digital Policy che consideri tutti gli ambienti digitali, quindi non solo facebook, twitter, LinkedIn, ma anche i blog, YouTube, forum di discussione etc.

L’argomento è vasto e merita certamente diversi approfondimenti; chi bazzica dalle parti della Social Media Week nei prossimi giorni può fare un salto al panel di theFool “La moderazione dei contenuti: Social Media Policy, aspetti legali e scenari pratici in azienda” dove insieme a Matteo Flora,  Piero Tagliapietra e Gianluca Gilardi proveremo a sviscerare l’argomento.

E se qualcuno si stesse domandando quante aziende hanno una Social Media Policy e come sia stata impostata… sul sito socialmediagovernance.com si trova un abbondante database di policy (ma anche linee guida, codici di comportamento, etc.) pubblicate da tanti brand in tutto il mondo.

Filippo Giotto, classe 1978, appassionato di digitale e nostalgico dell'analogico, nella mia Bio di Twitter mi descrivo così: Digital Thinker, Analogical Maker. Cresciuto a Ringo e Vic20, senza pallone né merendine. Sognatore e appassionato, amante di mare, vento, vela e bicilindrici a V.

un commento

  • […] L'attivazione di property sui Social Media comporta la necessità di definire policy e processi strutturati di escalation e gestione del rischio a livello aziendale. La Netiquette è il bon ton della rete e non vi salverà.  […]

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